
Agroalimentare Made in Italy: segnali incoraggianti dall’export
Sicurezza Alimentare, Export
scritto da Albani il 30-06-2020 14:05
Quanto la pandemia Covid-19 realmente impatterà sull'export dell'agroalimentare italiano potrà essere valutato solo con i dati che l'ISTAT e l'Agenzia delle Dogane renderanno disponibili nei prossimi mesi.
Nel primo quadrimestre 2020 infatti, sono state registrate tendenze che non consentono di trarre indicazioni univoche sull'evoluzione delle vendite oltre confine, che possano confermare una ripresa in atto o non ancora iniziata, essendo contrastanti gli andamenti rilevati per Mercato di sbocco e per settore.
Per quanto riguarda le vendite extra-UE, che complessivamente corrispondo a quasi il 40% del totale export agroalimentare, nonostante le previsioni al ribasso degli scambi internazionali prospettate all'inizio della pandemia sia dal WTO che dalla UE e il peggioramento del contesto internazionale dovuto in primis alla manifesta volontà degli USA di imporre dazi fino al 25% sull'agroalimentare UE, il comparto ha registrato un trend in ripresa. Complessivamente infatti, la crescita è stata del + 3.7% rispetto al corrispondente periodo 2019, sebbene non omogenea: a fronte di settori che hanno performato positivamente, anche a 2 cifre (carni, ortaggi freschi, prodotti da forno, ortofrutticoli trasformati), altri hanno registrato diminuzioni significative, in alcuni casi anche superiori al 10%.
Nel mercato UE, area che copre oltre il 60% del totale delle esportazioni e nella quale i primi due mesi dell'anno lasciavano ben sperare in un importante incremento dei volumi di export (+ 4% a gennaio e + 10% a febbraio), i dati delle vendite hanno sostanzialmente confermato quelli del 2019 (-0.2%), a causa dell'inversione di tendenza verso valori negativi di alcuni settori (olio di oliva, derivati del latte, pasta) nei mesi del lock-down di marzo e aprile.
Queste tendenze se un lato non permettono di valutare le evoluzioni per i prossimi mesi, dall'altro mostrano alcuni segnali incoraggianti per questo comparto che, tenuto conto del collegato, è il primo a contribuire al PIL nazionale.
Uno di questi segnali è l'inatteso + 5.1% delle vendite vini, soprattutto verso gli USA e il Canada, a fronte di un tonfo del Made in France, segno evidente che la strategia di vendita basata su un buon rapporto qualità/prezzo che caratterizza i nostri prodotti e su un sistema di distribuzione che passa prevalentemente dagli scaffali della grande distribuzione e meno dall'Horeca, potrebbe essere vincente in un momento di ripresa dell'economia mondiale post-Covid, caratterizzato da una contrazione dei redditi disponibili e quindi della spesa per beni di fascia più alta.
Queste evidenze, impongono per i prossimi mesi una seria riflessione sulle politiche di promozione del Made in Italy nel mondo e sul sostegno pubblico alle imprese che operano nel comparto, attraverso il coinvolgimento di tutte le filiere e la finalizzazione delle risorse UE in questo momento disponibili verso misure in grado di rafforzare la presenza del nostro agroalimentare all'estero, sia nei mercati tradizionali che in quelli nuovi che negli ultimi anni si sono mostrati più ricettivi.
Naturalmente questo richiede anche il contributo delle imprese, che devono sempre essere in grado di riconoscere le esigenze e le aspettative dei mercati esteri di riferimento e di rispettarne le normative commerciali e igienico-sanitarie.
Dr. Valerio De Vitis